Serve un grande patto per l’agricoltura italiana, da sancire con le Regioni, con il mondo agricolo, con le associazioni dei consumatori, con le famiglie, con l’Italia che ha a cuore il suo paesaggio e il suo territorio. Un patto che può nascere solo dal confronto e che non può prescindere dallo stanziamento di risorse vere. Lo chiedono i produttori, da quelli del latte a quelli del grano, lo chiedono a gran voce le associazioni, i sindacati, lo chiede il Pd dall’inizio di questa legislatura.
Il governo, sulla nostra agricoltura, non va oltre le affermazioni di principio. Il Disegno di legge presentato dal Ministro Luca Zaia, “Disposizioni per il rafforzamento e la competitività del settore agroalimentare”, oltre il titolo ambizioso, non prevede alcuno stanziamento per l’agricoltura. Lo stesso vale per la Finanziaria 2010, che invece di dare sostegno al settore, lo danneggia ulteriormente con un aggravio fiscale e contributivo. La Commissione agricoltura della Camera, di cui faccio parte, sta esaminando il Disegno di legge uscito dal Senato, con voto unanime, per rende obbligatoria l’indicazione, nell’etichettatura dei prodotti alimentari immessi in commercio sul territorio italiano, del luogo di origine e provenienza della materia prima; misura certo buona, anche se rigorosamente senza risorse.
Non è un dato irrilevante. Significa che c’è un’incoerenza di fondo tra ciò che afferma il nostro Ministro davanti alle telecamere e ciò che è contenuto nei provvedimenti, ad “euro zero”, che ci troviamo ad esaminare. Questo mentre le nostre imprese agricole stanno “soffocando” per l’ulteriore abbassamento dei prezzi, per il peso di costi produttivi che incidono sulla gestione tra il 60 e l’85 per cento; per difficoltà nell’accesso al credito; per il promesso, ma non rispettato rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, nonché per il taglio e, ad oggi, l’assenza di finanziamenti al Piano irriguo, in una fase di pesanti mutamenti climatici. I nostri agricoltori perdono competitività sul mercato, mentre i loro redditi sono in caduta libera. Ovviamente condivido il provvedimento licenziato dal Senato, ma la tracciabilità, senza interventi strutturali, è solo una “toppa” che non salva il sistema.
Il grido d’allarme lanciato dal Partito democratico in difesa dell’agricoltura non è ingiustificato o dettato da pessimismo, come direbbe il Premier. Per tutti parlano i numeri: nel settore lattiero caseario siamo passati dalle 180 mila stalle del 1989 alla 43 mila di oggi; il latte viene pagato agli allevatori meno di 30 centesimi al litro; i prezzi del grano sono in picchiata e anche il mondo del vino, eccellenza delle nostre terre, non è estraneo alla crisi, con un calo importante sul prezzo delle uve. E per chi rimane con la cantina piena di invenduto non ci saranno proroghe o congelamenti delle scadenze dei mutui, né finanziamenti ad hoc da parte di questo governo.
Alcuni provvedimenti concreti arrivano dalle Regioni: la Toscana, in questi giorni, ha aperto il bando per sostenere le imprese agricole nell’accesso ai servizi di consulenza, fondamentali per l’innovazione e la competitività, e la stessa Regione, in più occasioni, ha anticipato risorse di competenza statale. Meno male, perché dietro alle sbandierate misure per sostenere la competitività delle imprese agricole, di strumenti concreti non c’è traccia. Sappiamo benissimo che i fondi a disposizione sono scarsi, ma proprio per questo è necessario ricercare la strada di un ampio confronto per utilizzare al meglio le risorse Comunitarie, dello Stato, delle Regioni, magari delle Banche, dei Consorzi fidi e delle imprese stesse, per evitare che il “dopo crisi” trovi un sistema agricolo impoverito e un arretramento della qualità che in questi anni siamo riusciti a esprimere. Se vogliamo che quel tessuto di piccole e grandi imprese che fino ad oggi ha presidiato il nostro territorio e il paesaggio continui a credere nella qualità e nell’eccellenza, punto di forza del nostro Made in Italy, il Governo deve provare ad investire su un grande patto per l’agricoltura italiana.
Il reddito agricolo, politiche capaci di far convivere agricoltura e mutamenti climatici e di sostenere chi investe e fa qualità, la riorganizzazione del sistema e della commercializzazione, la battaglia contro l’agro pirateria, la tutela della agro biodiversità e della sostenibilità delle pratiche agricole, il sostegno ai sistemi locali attraverso circuiti brevi valorizzati, continuano ad essere il vero terreno sul quale si gioca il futuro dell’agricoltura italiana. Un tema che, francamente, ci riguarda tutti, come cittadini e come consumatori.
gentile assessore,
innanzi tutto ringrazio di darmi l’ opportunità di scambiare con Lei qualche opinione.
Leggo che torna sull’argomento dell’agricoltura e del cibo in Italia a seguito dell’articolo di Carlo Petrini.
Purtroppo l’articolo l’ho letto sommariamente, ma mi sembrava che ci fosse più un richiamo alle politiche regionali che riguardano l’agricoltura, che non alla sinistra politicamente parlando.
Premetto che politicamente parlando sono più rivolto al centro-destra, ma questo non significa niente soprattutto quando c’è una condivisione di progetti.
Il territorio mi interessa in maniera particolare ed i motivi sono tanti, quello professionale: pèrchè ho un ristorante in Garfagnana ed ho accettato la “sfida” di rimanere a lavoro nella terra in cui sono nato, con moltissime difficoltà legate ai costi gestinali, alla stagionlità del lavoro, ecc; quello passionale: adoro il cibo ed il vino delle tradizioni (sono il fiduciario di Slow Food Garfagnana) e Le posso garantire che dal 1988 ad oggi è stato solo volontariato mio e delle persone che mi stanno vicino, sacrificando il tempo che avrei potuto dedicare alla mia famiglia e quello dei miei soci e dipendenti che mi sostituiscono quando faccio incontri, cene, seminari, riunioni e quant’altro serve a portare fuori dal mio territorio i nostri prodotti, traducendo il tutto in circa € 3.000/3.500 l’anno che escono dalle nostre tasche.
Senza dubbio un ritorno di immagine per il mio ristorante c’è, ma ritengo che siamo solo al primo sclino di quello che, tutti insieme, potremo fare.
Quando mi vado a confrontare con i personaggi politici sul territorio emergono delle cose che lasciano senza fiato, progetti che non hanno un seguito, fondi (pochi) che vengono promessi e poi dirottati in altri settori, progetti bellissimi, iniziati e non conclusi perchè non previsti dal progetto (perchè?)
Ritengo che potremo parlarne per giornate intere, ma le cose semplici, ben gestite, con la partecipazione minima di tutti i soggetti coinvolti, sono così difficili da fare?
Con la conclusione (mia personale) che i soldi andrebbero gestiti meglio, da persone competenti, non che Lei o la Regione Toscana non lo sia, ma ho vissuto delle situazioni dove alcuni costi (non indifferenti) potevano essere evitati.
Forso sono andato un pò fuori tema, ma questo è il mio pensiero, anzi, una esternazione di fatti da me vissuti nelle esperienze passate ed in quelle a cui sto partecipando ora.
Le auguro un buon lavoro, distinti saluti, Giordano Andreucci