Non sono ancora passati 15 giorni dall’elezione del nuovo Segretario del Pd Enrico Letta e i due Vicesegretari sono un uomo e una donna, Giuseppe Provenzano e Irene Tinagli; la Segreteria nazionale è composta da 8 uomini e 8 donne; entro la prossima settimana avremo due donne a capo dei Gruppi Pd alla Camera e al Senato, al Senato è già stata eletta Simona Malpezzi, alla Camera voteremo nei prossimi giorni (mentre in Europa i nostri vertici sono rappresentati dal capo delegazione Brando Benifei e dalla vice Capogruppo dei S&D Simona Bonafè). Insomma, una rivoluzione.
Parole e comportamenti stavolta sono stati coerenti. E in questa rivoluzione, in modo inaspettato, sono stata coinvolta. La scorsa settimana, con una telefonata il Segretario mi ha chiesto la disponibilità a lavorare con lui sui temi dell’agricoltura e ovviamente sono onorata di far parte della sua squadra. Enrico Letta ha raccolto sfide ardue, complesse: quella di ricostruire una comunità coesa, in cui non ci sia unanimismo di facciata ma compattezza reale; quella di ricostruire una fiducia e una capacità di rappresentanza dei cambiamenti in atto, dal lavoro alla transizione ecologica e digitale, all’impresa; quella che guarda al superamento della più grave crisi che il Paese, l’Europa e buona parte del mondo abbiano conosciuto dopo la Guerra; quella che prova a rigenerare e innovare la politica in un tempo che non può più fermarsi alle ritualità ordinarie; quella, infine, che ha come obiettivo di diventare un partito degli uomini, delle donne e delle giovani generazioni.
Un progetto ambizioso, iniziato con i passi giusti e che quel passo intende tenerlo, guardando all’Europa come scenario di riferimento, al mondo come orizzonte, ma radicando la ripartenza nella “prossimità”. «Una intelligenza collettiva» è quella da costruire e far agire con il concorso di tutti, fondamentale per cambiare la politica e il Paese.
Paese che, intanto, torna in gran parte in zona rossa e che lo sarà interamente nei giorni di Pasqua. Ancora giorni in cui dovremo rispettare le norme sul distanziamento, limitare spostamenti e attività. Purtroppo, ancora tanti contagi e vittime, in gran parte a causa delle varianti che accelerano la trasmissione del virus. Mercoledì scorso, alla Camera, il Presidente Draghi ha severamente richiamato tutti ad una accelerazione del programma vaccinale e nelle scorse ore Governo e Regioni si sono visti per mettere a fuoco disfunzioni e criticità. Una parte di queste criticità sono legate ai ritardi nelle forniture, alla vicenda molto complessa e delicata che ha portato allo stop precauzionale della somministrazione del vaccino Astra Zeneca, che buona parte dei Paesi Europei avevano deciso di assumere, dopo alcuni casi che potevano risultare sospetti. Ma, durante il suo intervento, Draghi ha per la prima volta ha parlato di «programmare le riaperture», a partire dalle scuole, «anche nelle zone rosse». Nelle sue parole, dopo mesi durissimi dal punto di vista sanitario, sociale ed economico, si comincia ad intravedere l’uscita e la ripresa (ovviamente in stretta relazione con il piano vaccinale) di quei movimenti che consentano un ritorno il prima possibile alla normalità.
Il Decreto Sostegni inizia il suo iter al Senato per poi passare alla Camera: 32 miliardi di euro che permetteranno di proseguire nel sostegno a lavoratori, imprese, famiglie in difficoltà e di accelerare la campagna di vaccinazione. Si prorogano la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti, ci sono misure fortemente volute dal Pd come lo stanziamento di risorse contro la povertà e l’emarginazione sociale. Di questi fondi, 11 miliardi sono per imprese, autonomi, professionisti – stavolta svincolati dai codici Ateco – e 5 miliardi per la sanità. Ci sono stati momenti di tensione sulla vicenda del così detto “magazzino fiscale”, cioè le vecchie cartelle non più esigibili: il Pd ha condiviso la necessità di una pulizia di quanto davvero non più esigibile per ragioni evidenti e trasparenti, con limiti di reddito e di scadenza temporale, ma si è opposto fermamente a un condono indiscriminato.
Ho iniziato ricordando la decisione con cui Enrico Letta ha percorso la strada della parità di genere e tutti hanno potuto leggere quando non sia stato semplice raggiungere l’obiettivo e anche quanta retorica si usi per rigettare ogni occasione in cui una donna va a sostituire un uomo. Purtroppo, gli obiettivi di una cittadinanza di genere piena non sono ancora raggiunti e non solo da un punto di vista teorico: in questi giorni la regione Friuli Venezia-Giulia ha bocciato la legge sulla doppia preferenza per l’elezione del Consiglio regionale e a casa nostra – e anzi direi proprio a “casa mia”, cioè nella mia città – una lavoratrice ha denunciato la sua impresa per mobbing. Lei stava cercando di avere un figlio e aveva intrapreso il percorso per una fecondazione assistita, ma l’azienda, o meglio una figura importante nell’azienda, l’avrebbe mobbizzata per mesi, fino alla vera e propria aggressione fisica.
No, non siamo ancora un Paese per uomini e donne. C’è ancora da fare. Ma si può fare.