Una giornata particolare

Roma. Il 27 novembre è passato. Il sole ha continuato a sorgere, il traffico a scorrere, ognuno di noi ha continuato a fare le cose di ogni giorno. Non siamo piombati, come qualcuno aveva grosso modo preannunciato, nel buio di una democrazia finita, azzoppata. Alle 17,43 al Senato si prendeva atto di una sentenza definitiva. Davanti a palazzo Grazioli il senatore decadente arringava alle sue  modeste folle, gridando al colpo di stato. Alla Camera si discuteva del disastro della Sardegna, riuscendo addirittura a raggiungere un accordo unanime su una mozione che impegna il Governo per il dopo alluvione,  con i palchi riservati alla stampa completamente vuoti; nemmeno l’ombra di un cronista, di un fotografo o di un cameraman. Ho seguito in parte la diretta del senato dal mio portatile. Una seduta alla fine non particolarmente agitata: il dibattito acceso sul voto segreto, qualche gesto del solito Scillipoti (al quale, sobriamente il presidente del Senato ha ricordato che la diretta tv era finita e che pertanto poteva tirar giù il cartello che agitava), le senatrici fedeli al cavaliere in nero, che certamente ignorano quanto le “donne in nero” siano cosa seria e rappresentino battaglie e valori simbolici ben più grandi della loro sceneggiata.

Una giornata quindi, indubbiamente particolare, ma che segna una svolta: la possibilità di tornare a essere un paese normale. Si un Paese in cui la legge è uguale per tutti, in cui chiunque viene perseguito quando compie reati, anche se  in grado di mettere in campo avvocati prestigiosi e costosi, anche se eletto in Parlamento, anche se capo di partito ed ex capo di governo.

Io non ho fatto alcun brindisi all’avvenuta decadenza, e credo che la reazione più giusta sia annoverare il fatto tra gli eventi che ristabiliscono il primato della giustizia e del rispetto della nostra Costituzione repubblicana. Ma diventare sul serio un Paese normale, significa lavorare alacremente per consegnare alla storia un ventennio che ha bloccato l’Italia. Significa consentire al Paese di andare al voto e determinare un risultato certo cambiando la legge elettorale. Significa avere istituzioni funzionanti e rappresentative. Significa ricostruire un rapporto di fiducia tra paese e istituzioni, ridare autorevolezza alla politica. Significa lavorare per uscire da una crisi terribile, la più grave che abbiamo vissuto e che pesa su lavoratori, pensionati e imprese.

Non so quanto l’uscita della nuova Forza Italia dal Governo comprometta la durata dell’esecutivo Letta. Forse può consentirgli maggiore libertà. La libertà possiamo incoraggiarla e determinarla dentro alla Legge di Stabilita che nei prossimi giorni sarà alla Camera, che ha già fatto qualche scelta nel testo del senato, ma che dovremo migliorare. La libertà la misureremo nelle cose concrete che saprà mettere in campo nei prossimi mesi fino a quel semestre di presidenza Italiana, agganciando qualche segnale che abbiamo, e provando a invertire gli indicatori dell’occupazione.  Saprò dirvi nei prossimi giorni cosa riusciremo a cambiare nella Legge di Stabilità.

Aggiungo un’ultima considerazione ancora amara, ma credo doverosa, che riguarda la vicenda Cancellieri. Non è stata affatto una pagina gradevole. Non ho mai pensato nemmeno per un attimo che il Pd avrebbe dovuto votare la mozione di sfiducia al Governo del movimento 5 stelle, ma sono tra coloro che si aspettava un passo indietro della Ministro della Giustizia. Un passo indietro più che opportuno in conseguenza di una situazione e un comportamento più che inopportuno. Quel gesto è mancato, ed è un peccato non solo per la distanza grande che ho sentito tra quel passaggio e  il nostro elettorato, ma per l’idea stessa che almeno io mi ero fatta della Sig.ra Cancellieri, della stima che si era guadagnata a Bologna, nel suo ruolo di commissario.

Il Senatore è decaduto, ma la cultura di cui questo Paese negli anni si è nutrito è da cambiare profondamente. Abbiamo le nostre responsabilità, ma siamo solo noi, con determinazione e coraggio a poter davvero cambiare la rotta”

Susanna

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