Ritengo che il dibattito sul testamento biologico sia un passo importante per affermare una visione del “diritto alla vita” più a misura di essere umano e meno burocratica e/o dogmatica.
Le norme sono certamente indispensabili per regolare la convivenza di un contesto sociale, ma quando si parla di vita e di morte il terreno diventa molto instabile e, come le certezze granitiche di ieri si sono frantumate nella realtà di oggi, così accadrà per quelle di oggi nel futuro.
Pertanto credo sarebbe opportuno sviluppare su tale tema una riflessione che cerchi di affrontare, in modo più approfondito di quanto si faccia oggi, il tema fondamentale della libertà individuale nella determinazione di quali trattamenti terapeutici possano essere somministrati a soggetti impossibilitati ad esprimere una loro indicazione, mettendolo in stretta connessione con il modo in cui è avvertito nella società di oggi il senso della vita e della morte. Forse le giovani generazioni, spesso autodistruttive, se coinvolte potrebbero dire qualcosa di “vero” a quanti si apprestano a legiferare su tali questioni ascoltando essenzialmente tecnici addetti ai lavori.
Francesco Rinaldi