“Vive la France?”

Dopo l’Olanda, anche la Francia ha fermato l’avanzata xenofoba e populista di Marine Le Pen. Domenica i francesi hanno scelto con nettezza indiscutibile il centrista, ex ministro del governo socialista, europeista, Emmanuel Macron.

Non possiamo che essere sollevati da questo risultato, anche se temo non sia sufficiente ad arginare l’onda populista che si muove con vesti e nomi diversi in Europa. È interessante leggere i commenti degli osservatori che in questi giorni si susseguono sui media e ci raccontano di scomposizioni, ricomposizioni e di una consistente confusione in tutti i campi politici. Non solo, ci raccontano anche di una corsa a rincorrere modelli, a cercare il Macron di casa nostra, quando “non c’è quasi nulla che accomuni oggi la politica francese a quella italiana” (così inizia la sua riflessione il politologo Piero Ignazi ieri su La Repubblica nell’articolo “L’esempio francese non aiuterà Renzi”). Insomma, un affanno inutile.

La crisi del Partito socialista francese non comincia oggi, ha bruciato in questi anni un leader dietro l’altro ed oggi, dopo l’elezione presidenziale, è sostanzialmente a pezzi: Benoît Hamon, vincente alle primarie, ha avuto un risultato disastroso e i movimenti di queste ore, la corsa a costruire nuove aggregazioni, i passi falsi dell’ex premier Manuel Valls (che martedì ha dichiarato di volersi candidare alle legislative con l’etichetta della «République En Marche», il movimento di Emmanuel Macron, ed è stato prontamente respinto) non fanno pensare ad un percorso già compiuto. Sinceramente, non mi pare affatto chiara neppure la collocazione che Macron vorrà dare al suo mandato.

Restiamo in Europa, perché a breve ci sarà l’appuntamento anche con il voto in Germania, dove le speranze per una vittoria di Martin Schultz sembrano un po’ più annebbiate di qualche mese fa, e non mi sembra affatto escluso un voto entro l’anno anche in Italia. I Laburisti inglesi, i socialisti spagnoli … da dove lo si guardi il tema, ancora una volta, volgendo lo sguardo a quell’Europa di cui abbiamo bisogno, continua ad essere cosa sia, oggi, il PSE.

Continuo a credere che la nostra sia una storia diversa: aver dato vita al Pd è stata una scelta lungimirante, ma non ci ha messo al riparo dalla disaffezione, da una scissione, da allontanamenti pesanti e silenziosi. La risposta alla domanda “Che cos’è la sinistra?”, anche nel nostro Paese, resta centrale.  Lì sta il discrimine per misurare la nostra capacità di rappresentare la sofferenza e la sfida delle diseguaglianze, la nostra capacità di ricomporre la sinistra anche in termini di alleanza elettorale e in campo.

Domenica scorsa si è concluso il percorso congressuale del Pd con la ratifica dei risultati. Matteo Renzi è confermato segretario con un risultato netto, indiscutibile. A lui vanno gli auguri di buon lavoro di tutti, ma anche la richiesta da parte di molti di una modalità diversa di discutere e coinvolgere tutto il partito. Una richiesta esplicita nell’intervento di Andrea Orlando.

Continuo a pensare che avremmo avuto bisogno di altro, di una discussione corale di carattere programmatico sulle sfide in campo, di un lavoro di tutti per una nuova legge elettorale, di una riflessione seria, assieme, sulle sconfitte e sulle perdite che abbiamo subito, sulle ragioni di una crescita non adeguata che ci vede ultimi in Europa nelle stime sulla crescita del Pil. “Incertezza politica e lento aggiustamento del settore bancario”: queste sono le motivazioni che vedono l’Italia maglia nera con una “ripresa modesta” secondo gli ultimi dati della Commissione Europea.

Certo, tornando al 30 aprile, a differenza di chi ritiene che la democrazia stia nei clic su una tastiera, siamo indubbiamente l’unico partito ancora in grado di promuovere una grande occasione di partecipazione grazie a tante e tanti generosi volontari, ma non va taciuto il calo preoccupante (quasi la metà) dei votanti che si sono messi in fila sia a livello nazionale che nella nostra provincia (qui i dati).

Nonostante ciò, questa campagna congressuale ha visto nel territorio l’impegno straordinario di splendide donne e uomini a sostegno della mozione di Andrea Orlando, delle ragioni che hanno mosso la candidatura, che restano tema di impegno politico e di discussione dentro al nostro partito da non disperdere e valorizzare. Quando sai in partenza che il favorito sta altrove non è semplice la tua battaglia, ma sai che con te ci sono persone convinte e motivate.
Ricomporre e unire la sinistra non può che continuare ad essere il nostro obiettivo; un obiettivo per il quale, assieme ad altri, continueremo a lavorare nella convinzione che al di là degli organismi, delle cariche, dei congressi, la politica è impegno collettivo sui temi che riguardano la realtà quotidiana e la vita delle persone, e che solo da lì puoi ripartire per ricostruire un orizzonte anche identitario, ma prima di tutto capace di tornare a rappresentare giovani generazioni, lavoro, sapere, uomini e donne.

Domenica è stata eletta dall’assemblea nazionale la nuova direzione nazionale del Pd. Con un po’ di sorpresa sono stata eletta in quel consesso, in cui non avevo mai avuto l’opportunità di essere. Ne sono grata a chi mi ha proposto, lo considero un riconoscimento per tutte e tutti coloro che si sono impegnati per la candidatura di Orlando in provincia di Siena, e non solo.  Cercherò di mettere innanzitutto a disposizione di tutto il territorio questa opportunità.

C’è stato però, nello stesso momento, un grande pasticcio con l’esclusione di Gianni Cuperlo che ha lasciato la sua postazione a disposizione di un compagno piemontese. Non è un’assenza qualunque. Gianni, in questi anni tutt’altro che semplici, ha rappresentato un punto di vista diverso, coraggioso e coerente della sinistra interna al Pd, un punto di vista che si è battuto per il rispetto del pluralismo ma anche dell’unità. È un errore di molti aver lasciato che tutto ciò accadesse, un errore che non doveva capitare. So che in queste ore in molti, consapevoli di una assenza che penalizzerebbe tutto il Pd, si stanno attivando per recuperare il fatto. Spero che avvenga in tempi brevi.

Voglio concludere parlando di bambine perché “sinistra”, per me, è ancor sinonimo di cambiamento e speranza.

Le giovani vite spezzate in una notte, a Centocelle, bruciate vive nell’incendio del camper in cui stavano dormendo. Un atto di violenza gravissima, cui poco aggiunge essere stato dettato da xenofobia o da una vendetta tra bande. Loro si chiamavano Elisabeth, Francesca e Angelica, tre sorelle, 20 anni la più grande, 8 e 4 anni le più piccole. Un crimine orrendo.

Poi c’è una bambina di casa nostra, ha 10 anni. La madre picchiata dal marito, da quanto le cronache riportano, lei che alza il telefono e chiede aiuto, chiama i carabinieri. Non so se abbia o meno salvato la vita della sua mamma, ma certo ha capito, reagito, ha fermato quella violenza.

Chissà, forse la speranza ha gli occhi di una bimba di 10 anni …

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