Siena 1 Febbraio – Wine & Siena
“Il Vino Veicolo di buona crescita”
Susanna Cenni
Vice Presidente Commissione Agricoltura
Buongiorno e grazie per il gradito invito,
“Il vino, prodotto della vite, la vite e i territori viticoli, quali frutto del lavoro, dell’insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni, costituiscono un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale”
Recita cosi l’articolo 1 della legge 238/2016, il Testo unico della vite e del vino. Un testo molto modificato rispetto alla proposta iniziale, durante i lavori e la discussione in commissione ed in aula, da emendamenti (compreso il mio che ha introdotto il termine ambientale).
Credo che in questa definizione ci sia una sintesi perfetta di quanto oggi rappresenta la viticoltura e tutto quanto si relaziona con la coltivazione, la vinificazione, e le attività economiche e sociali connesse.
Territorio, lavoro, conoscenze, quindi la ricerca, le pratiche tradizionali, gli aspetti di sostenibilità sociale (pensate alle imprese che investono sulla trasparenza della filiera), economica, e poi ambientale e culturale.
Non è certo recente la consapevolezza della valenza culturale legata alla produzione vitivinicola, la storia del vino, la strada percorsa nella sua coltivazione dagli etruschi ad oggi, la conoscenza e la ricerca, il recupero dei vitigni autoctoni. Sono noti i grandi risultati ottenuti con le certificazioni di qualità, con le denominazioni, per non parlare di quei riconoscimenti non formalizzati da regolamenti Europei che hanno comunque accresciuto il prestigio di grandi vini (SuperTuscan).
Ma su quel termine, ambientale, sono oggi in atto progressi di grande interesse rispetto ai quali un territorio come il nostro ed appuntamenti come quello che da alcuni anni Siena tiene, fa bene a discutere cercando di comprenderli fino in fondo ed interpretarli al meglio.
Cinque anni fa il varo di Agenda 2030, con i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. Oggi la sfida del Green New Deal, l’Europa primo continente neutrale dal punto di vista delle emissioni. Questi obiettivi possiamo viverli come una imposizione, interpretarli come vincoli, come l’ennesimo carico burocratico, oppure si possono cogliere pienamente le straordinarie possibilità di una transizione ecologica verso un sistema nuovo, con nuovi investimenti, e con l? avvio davvero di una nuova positiva stagione per la qualità della vita di tutti noi, per l’ambiente, e per una nuova economia.
Il Vino dentro a questa cornice può essere uno dei veicoli della transizione verso una nuova economia che mette al centro la qualità ambientale, sociale, climatica. Una transizione che può comunicare una nuova identità territoriale e diventare, certo anche leva di Marketing turistico.
Oggi infatti abbiamo a che fare non solo con affermazioni teoriche ma con un cambiamento già in atto, e spesso è un cambiamento che vede un duplice direzione di sviluppo: nelle norme e nelle indicazioni istituzionali e regolamentari, ma forse ancor di più nei cambiamenti dal basso. Cambiamenti culturali, nell’approccio con la produzione e con il mercato. Sperimentazioni. Ricerca di nuove dimensioni e relazioni.
Ritegno convintamente che tale cambiamento vada sostenuto e favorito. Credo anche che quando parliamo di sostenibilità ambientale anche nel settore vitivinicolo, quando parliamo del biologico, delle pratiche in vigna ed in cantina, oggi, a differenza di alcuni anni fa, abbiamo dalla nostra numeri, fatturati, una ricerca significativa, e consumatori sempre più attenti a quanto sta dietro ad una etichetta, alla provenienza, alla storia di quella bottiglia.
Il Vino puo quindi davvero essere veicolo di una buona crescita.
Ho già citato il nuovo testo unico sul vino, una norma complessa, molti decreti attuativi. Ma voglio riprendere un altro articolo di quella legge, l’articolo 7. L’articolo 7 norma la salvaguardia dei vigneti eroici o storici…..” pregio paesaggistico, storico ed ambientale….”lo Stato Promuove interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei vigneti delle aree soggette a rischio idrogeologico o aventi particolare pregio paesaggistico ed ambientale…”
Nel giugno scorso il decreto ha concluso il lavoro normativo, utile ad individuare territori e peculiarità di queste due categorie e forse vale la pena di ricordare che nel registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, ben 5 paesaggi rurali fanno riferimento alla viticoltura. Muretti a secco, pendenze, isole (da un paio di anni a Capraia si è tornati a vinificare con una cantina che ha recuperato edifici dell’ex carcere). Il recupero della coltivazione in aree complesse, a bassa densità abitativa, la ricostruzione dei muri a secco (divenuti patrimonio Unesco nel frattempo), diventano elemento identitario, paesaggistico, di contrasto alla erosione ed al dissesto idrogeologico, e fattore di sviluppo locale. Dare valore a tutto questo significa investire in qualità, in sostenibilità e spesso svolgere azione di tutela e promozione delle aree interne di cui tanto si torna fortunatamente a discutere.
Va ovviamente citata tra le innovazioni normative la legge di Bilancio 2018 in cui è stata inserita la definizione di Enoturismo (tutte le attività di conoscenza del vino espletate nel luogo della produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, la degustazione, la commercializzazione delle produzioni vinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine), cui ha fatto seguito il decreto attuativo del 12 marzo 2019.
(Facendo seguito alla crescita di flussi ed iniziative legate al turismo ed alla produzione di prodotti di eccellenza, in questa legge di bilancio abbiamo invece inserito la disciplina dell’Oleoturismo).
Nella consapevolezza delle potenzialità che la relazione tra prodotto e territorio di qualità può esprimere e di quanto queste attività possano rappresentare in termini di sviluppo di qualità.
Qualità, sostenibilità, legame con territorio e paesaggio, pratiche sostenibili..tutto ciò sta determinando novità importantissime nell’approccio con il Vino.
Dentro al Vigneto Italia che ha raggiunto nel 2018 oltre 54 milioni di ettolitri, ci sono numeri con cui fare i conti con grande attenzione. Secondo numerose ed autorevoli ricerche il 58% degli Italiani ritiene la qualità il primo valore portante nelle scelte di prodotti alimentari, segue immediatamente dopo la sostenibilità ambientale e la scelta di prodotti biologici. Nel 2018 il 41% degli Italiani tra i 18 ed i 65 anni ha consumato in almeno una occasione un vino a marchio Bio. E occorre tenere a mente che nel 2013 il consumo di vino Bio coinvolgeva solo il 2% della popolazione. Certo nel frattempo sono cambiate molte cose nell’affinamento della produzione e nei regolamenti, ma è certo che le imprese Italiane che hanno scommesso sul Bio hanno intrapreso una strada assolutamente vincente. Sicuramente migliore di chi continua a pensare che si compete solo con i numeri e che in nome del mercato si possono spianare colline per continuare a insediare vigneti. E non vado oltre..
L’Università di Siena (Dipartimento studi aziendali e giuridici) ci ha detto qualche tempo fa con un autorevole approfondimento che le aziende vitivinicole che hanno fatto una scelta sostenibile avranno una crescita doppia rispetto a quelle tradizionali in virtù di maggiore attenzione del mercato e dei consumatori su tematiche ambientali e sociali e la maggiore crescita imprenditoriale delle imprese che sposano strategie di sviluppo sostenibile, strategie che portano le imprese ad adottare modelli aziendali differenti, più efficienti, più attenti alla comunicazione ed alla gestione delle risorse.
Del resto intraprendere la strada della sostenibilità significa cambiare approccio a tutto tondo nella relazione con il territorio, con il paesaggio, con l’acqua e l’uso dei fitofarmaci.
Ovviamente non bastano le preziose avanguardie e le eccellenze (Salcheto un modello straordinario), credo davvero che il prossimo orizzonte sia la possibilità di compiere un salto di qualità con programmazione territoriale di area o di distretto, o intersettoriale. Anche da questo punto di vista ci sono novità importanti che possono aiutare. Penso alle norme sui distretti del cibo, divenute legge anch’esse nella legge di bilancio 2018, ed alla legge sull’agricoltura biologica approvata alla camera e adesso all’esame del senato che regola la nascita dei Biodistretti. Cito i biodistretti perché in questo territorio credo non sia un caso che le prime esperienze nate prendano il via da aree vitivinicole importanti come il Chianti, e l’area della Vernaccia a San Gimignano.
Produttori, Presidenti di Consorzi, amministratori, competenze scientifiche e professionali, cittadini e cittadine, che si attivano per una certificazione che non si accontenta dei confini della singola azienda, ma si pone l’obiettivo di pratiche sostenibili e Bio di area e che soprattutto investe su quella scelta per farla diventare elemento di riconoscimento di un intero territorio. La costruzione di una visione di sistema, intersettoriale.
Anche in questo caso credo sia giusto ricordare come da un lato si lavori per adeguare le norme nazionali, ma come contestualmente ci sia una straordinaria vivacità ed iniziativa forte e motivata dal basso con i comitati promotori dei biodistretti, con tanti cittadini mobilitati contro l’abuso di fitofarmaci, con esperienze importantissime come la stazione di viticoltura sostenibile nel chianti, l’esperienza del consorzio del Nobile che si pone l’obiettivo della produzione zero di CO2, ed ancora quei consorzi, come il valdarno superiore, che vogliono caratterizzare il loro disciplinare con una produzione di quell’areale di solo vino Bio su cui si sta lavorando, o ancora il consorzio della Vernaccia che ha adottato un protocollo importante di certificazione della filiera etica anche dal punto di vista della qualità del lavoro.
La sostenibilità sociale, ambientale, fa bene al vino, alla terra, a chi lavora nel settore, alle comunità. E a quanto pare fa bene anche al fatturato.
Secondo Nomisma nel 2018 le vendite di vino Bio hanno raggiunto 21,6 milioni di euro nella sola GDO, un più 88% rispetto allo stesso periodo del 2017. Ma i numeri cominciano ad essere importanti anche nelle quote di mercato complessivo..dazi permettendo.
Non mi soffermo sui dati dell’Enoturismo e del Turismo Gastronomico perché ci sono autorevoli relatori che lo faranno e sarà interessante ascoltarli…
I dati del connubio tra vino e Paesaggio, i risultati delle tante attività attorno al turismo del vino sono già importanti e ancora molto si può fare per rendere sempre più forte la consapevolezza di quella relazione. Penso al grande lavoro di Città del Vino ed e difficile qui non ricordare Paolo Benvenuti, alle donne del vino, al movimento turismo del vino, alle strade.
La consapevolezza è oramai alta nel consumatore. Le iniziative che tendono ad incoraggiare ed a mettere a sistema tutto questo sono molte, a volte anche troppe e non sempre splendidamente coordinate. Forse occorre provare a farlo questo coordinamento.
Nel 2011 il Ministero per l’Ambiente ha avviato il progetto nazionale VIVA (la sostenibilità nella viticoltura in Italia) che mirava a migliorare le prestazioni di sostenibilita dell’intera filiera vitivinicola attraverso l’analisi di 4 indicatori scientificamente riconosciuti (aria, vigneto, acqua, territorio). Negli anni sono stati sviluppati un progetto pilota, un disciplinare, poi un metodo.
Più recentemente è stato messo a punto un tavolo, un lavoro tra i Ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente per la definizione di uno Standard unico di sostenibilita vitivinicola. Il lavoro è in fase conclusiva, come mi ha gentilmente anticipato il dr Blasi che coordina tutto questo, e “si pone l’obiettivo di fare chiarezza in un ambito che vede a livello globale norme volontarie , ISO o OIV nel caso specifico del settore vitivinicolo, declinate poi in decine di standard privati anche profondamente diversi tra loro”.
Il lavoro del Mipaf dovrebbe quindi riuscire a fare sintesi tra vari standard di sostenibilità nel settore vitivinicolo messi a punto da vari soggetti, provando a dar vita ad un percorso unico di sostenibilità su cui concentrare risorse e sforzi anche dal punto di vista promozionale.
Credo che sia un lavoro importante guardando al futuro, utile ad aumentare il valore delle nostre produzioni sostenibili. Lo vedremo molto presto.
In moto ci sono molte importanti novità.
Qualche giorno fa ad Assisi è stato presentato un Manifesto promosso e sottoscritto da tante personalità e da molte imprese. Il manifesto in uno dei suoi passaggi dice:
“affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario, ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più misura di uomo (e di donna)”
Questa occasione è reale. Lo è anche per il settore di cui oggi stiamo parlando. Lo è per i numeri, per il fatturato, lo è perché c’è una nuova programmazione Pac e perché c’è un piano europeo che stanzia 1000 miliardi per il Green New Deal. E’ del tutto evidente che la direzione che daremo, come Paese, come territori, alla nostra economia ed alle politiche di sostenibilità dimostrerà la nostra capacità di cogliere o meno tali opportunità.
Bisogna essere pronti, con un sistema che dialoga, con territori che investono sul coraggio e su una visione capace di restituire futuro alle generazioni che affollano i Friday for Future.
Nella Laudato Si, c’è un capitolo che si intitola “educare all’alleanza tra l’umanità e l’ambiente”.
Forse la strada l’abbiamo intrapresa, ed anche il Vino, con la vivacità di imprese, della ricerca, delle istituzioni, di tanti operatori ed operatrici, può essere veicolo della buona crescita che ci serve per cambiare un futuro tutt’altro che roseo climaticamente.
Si tratta di scegliere la strada giusta, e le scelte sono nelle mani degli uomini.
Grazie